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VIDEOSORVEGLIANZA: AMMESSA PER ACCERTARE GLI ILLECITI DEI LAVORATORI

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VIDEOSORVEGLIANZA: AMMESSA PER ACCERTARE GLI ILLECITI DEI LAVORATORI
Con la Sentenza della Cassazione Penale n. 3255 del 27.01.2021 (in allegato) si afferma che le prove raccolte mediante videoripresa all’interno di una azienda sono ammissibili in un procedimento penale, per provare un illecito messo in atto dal dipendente, come nei casi di furto e appropriazione indebita.
La vicenda riguarda un imprenditore, condannato con sentenza emessa il 19 giugno del 2019, per aver installato, nel 2016, degli impianti video all’interno della sua attività di commercio al dettaglio, per controllare a distanza i dipendenti, senza aver prima chiesto l’accordo delle rappresentanze sindacali aziendali o dell’Ispettorato del lavoro, come da art. 4 e art. 38 dello Statuto dei Lavoratori, per i quali il reato sussiste anche se l’impianto non  è  in  funzione,  poiché,  configurandosi  come  un  reato  di  pericolo,  la  norma  sanziona  a  priori l’installazione, poiché vi è, appunto, il pericolo di ledere la riservatezza dei lavoratori.
L’uomo ha però presentato ricorso, dichiarando che l’impianto da lui installato non aveva lo scopo di controllare la mera attività lavorativa dei dipendenti, ma di difendere e tutelare il patrimonio aziendale, poiché si erano verificati degli ammanchi di merce dal magazzino, e le telecamere erano rivolte solo verso la cassa e gli scaffali. Il ricorso dell’uomo è stato ritenuto fondato.
È infatti possibile l’installazione di un impianto di videosorveglianza in deroga all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (legge 330/1970 e ss modifiche), che oltre a quanto detto precedentemente, prescrive anche:
Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale (…)”.
Secondo la Cassazione, quindi, l’installazione dell’impianto di videosorveglianza è lecita “quando l’impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre, però, che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti, o debba restare necessariamente “riservato” per consentire l’accertamento di gravi condotte illecite degli stessi”.
L’esigenza che permette alle aziende di agire in deroga alla procedura prevista dall’art. 4 e dall’art. 38 dello Statuto dei Lavoratori, altrimenti obbligatoria, è quindi la tutela del patrimonio aziendale, messo a rischio da possibili illeciti dei dipendenti infedeli, a condizione che l’impianto non determini un controllo sistematico dell’attività dei lavoratori.
Questo tipo di controllo, infatti, rientra nei Controlli difensivi, che come più volte confermato dalla giurisprudenza, sono legittimi, anche per mezzo di agenzia investigativa autorizzata, senza che l’azienda che li richiede debba necessariamente procedere con gli adempimenti amministrativo/sindacali previsti dallo Statuto dei Lavoratori. Il datore di lavoro può incaricare un soggetto esterno, come l’investigatore privato, per la difesa e la tutela dei propri interessi e diritti, senza sconfinare in una vigilanza sulla mera attività lavorativa.

 

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Cassazione_27_01_2021_utilizzo_telecamere_occultate_rev1.pdf


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