Con una recente sentenza la Cassazione (sentenza 21693 del 16 maggio 2018) aggiunge un elemento al reato di stalking: esso si configura anche quando gli atti persecutori sono “solo” virtuali. Non solo dunque pedinamenti o minacce verbali, anche ripetuti e assillanti messaggi su WhatsApp o Facebook possono tradursi nel reato di stalking. Questo nonostante la vittima abbia la possibilità di difendersi semplicemente bloccando il contatto da cui provengono i messaggi.
Il reato di stalking infatti non è definito da una condotta specifica, ma dalle conseguenze provocate sulla vittima: grave stato di ansia, timore per l’incolumità propria o di un proprio caro, modifica delle proprie abitudini di vita. Anche i numerosi tentativi di contatto via chat da parte, ad esempio, di un ex partner insistente possono dunque, secondo la Cassazione, generare tali conseguenze rilevanti nella vittima a prescindere dal fatto che si traducano poi in comportamenti concreti o che rimangano “solamente” contatti virtuali.
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*Fonte: La legge per tutti
