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​Cosa succede al dipendente che si fa licenziare per percepire l’indennità di disoccupazione?

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​Cosa succede al dipendente che si fa licenziare per percepire l’indennità di disoccupazione? Con la recente Sentenza n. 106/2020 del Tribunale di Udine, si è arrivati ad una importante decisione: i lavoratori che invece di dimettersi spariscono nel nulla, assentandosi senza motivo, costringendo il titolare d’azienda a licenziarli per giusta causa, così da ottenere l’indennità di disoccupazione, sono tenuti a pagare la tassa sul licenziamento (ticket Naspi) che di solito è a carico del datore di lavoro.
Se è vero che le dimissioni sono inefficaci se non comunicate telematicamente attraverso gli appositi moduli disponibili sul sito del Ministero del Lavoro, è altrettanto vero che una condotta che dimostra senza ombra di dubbio la volontà di recedere dal proprio contratto lavorativo, costituisce una forma di dimissioni di fatto.
Il lavoratore ha però interesse a farsi licenziare e non a dimettersi, per poter percepire la disoccupazione, ma il diritto alla Naspi comporta un pagamento, da parte del datore di lavoro, di una tassa sul licenziamento che può superare anche i 1500 euro.
Con questa ultima sentenza, quindi, le cose si sono chiarite: se l’azienda è costretta a licenziare il dipendente a causa delle sue assenze ingiustificate, ha diritto di ottenere, da parte del dipendente, il risarcimento del danno corrispondente all’importo del ticket Naspi versato all’Inps.
Il datore di lavoro può altresì dimostrare la malafede del dipendente producendo, attraverso l’intervento di un investigatore privato, prove delle sue assenze ingiustificate o di condotte che possono ledere il patrimonio o la reputazione aziendale, come falsi permessi e concorrenza sleale.
 
Fonte: ilSole24Ore
 
 


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