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SI PUÒ LICENZIARE IL DIPENDENTE CHE HA RUBATO IN AZIENDA TRE ANNI PRIMA?

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SI PUÒ LICENZIARE IL DIPENDENTE CHE HA RUBATO IN AZIENDA TRE ANNI PRIMA?

Torniamo a parlare di furti aziendali, un argomento purtroppo sempre in auge, come abbiamo visto anche recentemente nel nostro articolo sul furto subito da Poste Italiane da parte di alcuni suoi dipendenti, consultabile cliccando qui.

Una recente ordinanza, la n. 2869 del 31/01/2022 della Cassazione (in allegato) ha preso in esame la tempestività del licenziamento del dipendente rispetto al momento in cui è avvenuto il furto.

Si può licenziare il dipendente per un furto che ha commesso tre anni prima?

Secondo la Cassazione, “in tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero a quello della contestazione, si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore”.

Nel caso di specie, due lavoratori hanno impugnato il licenziamento a loro intimato nel 2016 per un furto di beni aziendali avvenuto nel 2013. La Corte d’Appello prima e la Cassazione poi hanno accolto la domanda dei due dipendenti, poiché il principio di tempestività della contestazione è fondamentale per garantire al lavoratore accusato una difesa effettiva e per “sottrarlo al rischio di un arbitrario differimento dell'inizio del procedimento disciplinare”.

Inoltre il materiale del quale si sarebbero appropriati i lavoratori era stato a lungo ben visibile a chiunque, poiché accatastato nell’area scoperta dell’azienda e “di entità pari a circa venti tonnellate, non potendo sfuggire all'occhio del datore”.

La Corte ha ritenuto, quindi, del tutto inadeguata la tesi del differimento di tre anni della conoscenza del fatto tenuto conto, fra l'altro, della struttura ben organizzata della ditta nonché della mole del materiale escludendo, comunque, che potesse rilevare, nella specie, la complessità delle indagini o della struttura aziendale”.

Il notevole ritardo della contestazione, non giustificato, affievolisce, dunque, la garanzia per il dipendente di difendersi adeguatamente, a causa del comportamento del datore di lavoro non improntato ai canoni di correttezza e buona fede.

È onere del datore di lavoro dimostrare le motivazioni che hanno impedito la tempestività della contestazione dell’illecito addebitato al dipendente. Poiché questo onere non è stato assolto nel caso di specie, il licenziamento dei dipendenti è stato considerato illegittimo.

Per procedere tempestivamente alla contestazione è fondamentale rivolgersi ad una agenzia investigativa autorizzata al primo sospetto, richiedendo i cosiddetti controlli difensivi, in modo da ottenere le prove degli illeciti da utilizzare in giudizio, se necessario, per la tutela dei propri diritti.

Solitamente le prove si ottengono in brevi periodi di tempo, grazie a delle attività di monitoraggio e di pedinamento dei dipendenti infedeli, coadiuvate da attività di Web Intelligence OSINT e SOCMINT per esaminare il loro comportamento anche online e raccogliere elementi utili dal web.

In qualsiasi tipo di indagine, sia aziendale che privata, i fatti che ne emergono devono essere contestati con tempestività.

Come possono intervenire gli investigatori privati, in questi casi?

  • Attività di monitoraggio e di pedinamento del dipendente infedele;
  • Attività di Mystery Shopping e/o Assunzioni Programmate;
  • Attività di Web Intelligence OSINT e SOCMINT per la raccolta di elementi di prova dal web: è spesso lo stesso dipendente infedele a pubblicare online prove delle sue condotte incompatibili con orari, policy e mansione lavorativi;
  • Attività di analisi della reputazione aziendale.

Scarica l'allegato
Ordinanza n. 2869 del 2022.pdf


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