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SI PUÒ CONTROLLARE IL DIPENDENTE IN SMART WORKING?

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SI PUÒ CONTROLLARE IL DIPENDENTE IN SMART WORKING?
Con la diffusione dello Smart Working sono aumentati i casi di illeciti messi in atto dai dipendenti. L’autonomia che questa modalità lavorativa offre, viene sfruttata dai furbetti per compiere atti d’infedeltà aziendale, tra i più comuni la concorrenza sleale (magari svolgendo attività in favore di un competitor), il furto dati e la falsa malattia, oppure viene utilizzato il tempo a disposizione per dedicarsi maggiormente alla vita privata trascurando il lavoro.
Per questo molte aziende si rivolgono alle agenzie investigative, chiedendo i cosiddetti controlli difensivi, per individuare le condotte sanzionabili, non solo all’esterno, ma anche all’interno dell’azienda. In questo modo i datori di lavoro possono procurarsi prove degli illeciti valide legalmente, da produrre in giudizio.
Gli investigatori, attraverso le comuni tecniche investigative, come il monitoraggio, l’appostamento ed il pedinamento, unite ad una attività di OSINT sui social network ed altre piattaforme, possono infatti raccogliere elementi di prova fondamentali sulla condotta del dipendente.
Secondo il D.lgs. n. 151/2015 i sistemi di controllo a distanza posso essere utilizzati solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, e gli investigatori privati sono autorizzati da Prefettura ad effettuare questo tipo di controlli.
L’Accordo INL-GDPD del 22/04/2021 stipulato tra l’Ispettorato nazionale del lavoro e il Garante della privacy stabilisce delle sanzioni per i datori che utilizzano abusivamente o in maniera illecita degli strumenti di controllo a distanza sui lavoratori, a partire da un’ammenda di 154 euro fino ad arrivare all’arresto.
Recentemente il Comune di Bolzano è stato denunciato da una dipendente che aveva scoperto di essere controllata sui suoi accessi ad internet, in particolare su Facebook e su YouTube. Il Garante della privacy è quindi intervenuto, poiché non è assolutamente consentito controllare l’attività sul web dei dipendenti senza l’informativa preliminare sulla tipologia del trattamento dei dati. Non è altresì lecito tracciare gli accessi ad internet del dipendente, perché così vengono acquisiti, anche non volendo, dei dati relativi alla sfera prettamente personale del dipendente.
Ma non basta un accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato per controllare autonomamente un dipendente: viene richiesta un’informativa adeguata, specifica e trasparente” sulle modalità di utilizzo degli strumenti informatici e sulle modalità e la frequenza del monitoraggio, ed ovviamente le sue finalità.
Le indagini OSINT, così come le altre indagini svolte dagli investigatori privati autorizzati, garantiscono il massimo rispetto della privacy, poiché vengono effettuate sulle fonti pubbliche che sono pertinenti all’illecito da dimostrare, e non eccedenti. Non si sconfina, quindi, nella verifica di quegli elementi della sfera privata del dipendente che non sono legati in alcun modo alla condotta illecita da dimostrare.
Sono indispensabili competenze tecniche e legali specifiche per distinguere le fonti e le prove realmente attendibili, per procedere ad una analisi che sia utile al datore di lavoro, tutelandolo dal rischio di infrangere, seppur involontariamente, le norme in vigore, su tutte quella sulla privacy.


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