In quest’ultimo periodo sono
aumentate le richieste di
genitori che chiedono il supporto dei nostri
investigatori privati esperti in
web intelligence (nello specifico di
OSINT e
SOCMINT) per ottenere le
prove delle pubblicazioni effettuate sui
social network dagli
ex coniugi (soprattutto) o da
terze persone (parenti, conoscenti o estranei), raffiguranti i
figli minorenni.
Per pubblicare foto e/o video di minori, infatti, è necessario il
consenso di entrambi i genitori, come definito dalle numerose norme italiane ed internazionali che tutelano l’
immagine e la
dignità dei
minori di 14 anni.
Se tale consenso non viene prestato da entrambi i genitori (o da uno se deve prestarlo all’altro genitore) si potrà
procedere legalmente per chiedere la
rimozione delle foto del minore, e per farlo sarà necessario raccogliere le
prove che dimostrino le avvenute pubblicazioni grazie all’intervento di una
agenzia investigativa autorizzata, che potrà anche
cristallizzare le prove nel tempo tramite software specifici che permettono di conservarle anche qualora venissero
cancellate.
La continua pubblicazione delle immagini dei
bambini riguarda principalmente i
genitori con i propri
figli, tanto che è stato coniato un termine che identifica il fenomeno, ossia
sharenting (“share”, condividere e “parenting”, genitorialità) ed è un’abitudine che, come è facile intuire, richiede la massima
attenzione.
È vero che la cosiddetta
generazione Alpha (i nati tra il 2010 ed il 2020) è la vera
generazione digitale, tanto che i bambini hanno quasi istintiva dimestichezza con la
tecnologia, ma è anche vero che è la più
fragile perché
esposta costantemente sul web, tanto da non riconoscere, spesso, il confine tra
pubblico e
privato.
Secondo uno studio della
Northumbria University, più dell’
80% dei bambini inglesi
è presente online nei primi
due anni di vita. Prima dei
cinque anni di età un bambino ha già circa
1500 foto pubblicate sul web. Il
32% dei genitori pubblica
tra le 11 e le 20 foto dei propri
figli al
mese, praticamente quasi una foto al giorno, ed il
28% di loro senza aver mai chiesto il
consenso al
bambino, che seppur minorenne ha
capacità decisionale sulla sua immagine. Crescendo i figli potrebbero non apprezzare la loro
ostentazione online ed il modo in cui la loro
vita è stata
raccontata dai genitori, con una conseguente
difficoltà di crearsi una propria
identità digitale. “
Una volta in rete le informazioni, i video e le foto non solo diventano a disposizione di tutti ma non possono più essere eliminate del tutto; per questo un uso disfunzionale dei social può essere deleterio e pericoloso, per i genitori e per i figli” come ribadisce la psichiatra Adelia Lucattini.
Esistono dei veri e propri
rischi per la sicurezza che i genitori devono imparare a conoscere. Un’indagine del dipartimento australiano dedicato alla sicurezza dei minori ha fatto emergere che
la metà del materiale reperito in siti di pedofili deriva da immagini e video pubblicati dagli stessi genitori sui social.
Secondo un report del
C.S. Mott Children’s Hospital del Michigan, i genitori pubblicano senza saperlo dei
dati che permettono di risalire facilmente a
località,
indirizzi di casa e scuola,
nomi e
cognomi,
date di nascita, etc. aumentando in maniera esponenziale il
rischio di adescamento ed il
furto di identità. Secondo
Barclays lo
sharenting potrebbe essere un incontrollabile
veicolo di frodi telematiche entro il 2030: rubare i dati ad un adolescente oggi potrà servire in futuro, quando possiederà conti in banca ed altri elementi interessanti per i malintenzionati.
LINEE GUIDA
L’Università della Florida, a proposito di sharenting nel suo aspetto legale, ha proposto delle linee guida per condividere in sicurezza le foto di minori online. Vediamone alcune:
- è necessario considerare le policy dei siti sui quali si pubblicano dei contenuti, perché alcuni offrono opzioni di privacy specifiche, come la condivisione solo ad alcuni utenti, o la possibilità di scegliere di non essere tracciati dagli algoritmi di Google;
- è necessario impostare dei sistemi di notifica che segnalino ogni volta che il nome dei nostri figli viene pubblicato online;
- non rendere mai pubblica la localizzazione del minore, disattivando i servizi di geo-localizzazione quando si pubblica un post (e, ovviamente, evitare di indicarlo esplicitamente tra le informazioni inserite);
- impedire che i minori utilizzino senza supervisione i social condividendo foto e racconti della loro vita: è bene che siano i genitori a verificali prima che vengano pubblicati;
- non pubblicare mai foto di bambini, neanche se neonati, svestiti o in atteggiamenti intimi (quando sono in bagno etc);
- valutare sempre gli effetti che quella determinata pubblicazione può avere sulla vita futura dei propri figli.