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RISPETTO DEI PROTOCOLLI ANTI COVID E RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO

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RISPETTO DEI PROTOCOLLI ANTI COVID E RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO
In quest’ultimo periodo, con l’inizio della campagna di vaccinazione, le aziende e gli operatori che si occupano della sicurezza sul lavoro hanno voluto assicurarsi che i Protocolli anti Covid fino ad ora adottati fossero ancora validi. Questo perché la responsabilità dei datori di lavoro è davvero molto alta. È su di loro, infatti, che ricade l’obbligo giuridico di impedire che chiunque acceda nei locali aziendali possa contrarre il Covid-19, sia che si tratti di dipendenti che di utenti.
I Protocolli anti Covid sono degli strumenti fondamentali per le aziende, poiché hanno permesso la riapertura ed il rientro dei dipendenti ai loro posti di lavoro, in modo sicuro e rispettoso. L’efficacia dei Protocolli è stata dimostrata anche dall’importante avallo legislativo che si è avuto con la legge di conversione del D.L. 8 aprile 2020 n. 23, che all’art. 29-bis precisa: “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni   contenute”.
L’art. 2087 del Codice Civile, infatti, sancisce che: “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza  e  la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”
In virtù di questo, per la tutela della salute dei dipendenti contro il rischio contagio, il rispetto dei Protocolli e delle linee guida è sufficiente a escludere la responsabilità dei datori. Il datore deve però accertarsi che le misure vengano effettivamente rispettate dai lavoratori, dimostrando di aver fatto il possibile per evitare la trasmissione del virus negli ambienti lavorativi.
Il contagio da Covid-19 deve essere trattato dal datore di lavoro e dall’Inail come infortunio sul lavoro. Infatti l’art. 42, comma 2 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, prevede che “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”.
Il mancato rispetto delle norme anti contagio determina la sospensione dell’attività, fino al ripristino delle condizioni di sicurezza, e non esclude la responsabilità penale del datore di lavoro. I reati che potrebbero essere contestati sono quelli di lesioni (art. 590 codice penale) o di omicidio colposo (art. 589), con una aggravante, in entrambi i casi, "se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro".
Al datore di lavoro basterebbe dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per escludere ogni sua responsabilità. In questi casi l’intervento di una agenzia investigativa autorizzata può essere mirato alla verifica del mancato rispetto dei Protocolli da parte dei dipendenti e della veridicità di quanto dichiarato dal dipendente sulla sua eventuale positività.
Anche per i lavoratori che rifiutano il vaccino, l’eventuale contagio è da considerarsi come infortunio, ovviamente. Sebbene il Garante della Privacy ha ricordato che l’indagine sulla vaccinazione del personale non è consentita, in quanto trattamento di dati sanitari, il medico competente può invece valutare la compatibilità tra la mansione lavorativa svolta dal dipendente e la sua mancata vaccinazione. Quindi il dipendente non vaccinato potrebbe risultare idoneo allo svolgimento della sua attività lavorativa o temporaneamente non idoneo (ad esempio perché il suo ruolo richiede uno costante contatto con il pubblico). In quest’ultimo caso il datore può affidare una mansione diversa al dipendente, lì dove possibile, o sospenderlo dal lavoro e dalla retribuzione.
Il monitoraggio dell’Inail, alla data del 30 settembre 2020, rileva ben 54.128 denunce di infortunio sul lavoro a seguito di Covid-19. Come si può immagine, negli ultimi mesi si assiste ad un significativo aumento del numero delle denunce. Il rispetto dei Protocolli deve quindi procedere con la massima scrupolosità, fino a nuove indicazioni.


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