In tema di reato di stalking, l’art. 612-bis del Codice penale disciplina e tutela in particolare le ipotesi in cui le condotte di minaccia o molestia siano reiterate nel tempo e particolarmente lesive della libertà morale e psichica della vittima.
Il corteggiamento insistente, che non rappresenta di per sé un fatto penalmente rilevante, se non si rispettano le dovute cautele, può trasformarsi in stalking, se provoca sul destinatario almeno una di queste conseguenze:
È dunque importante capire quando smettere di corteggiare per non rischiare di incorrere in una querela.
Il Legislatore ha sottolineato il fatto che il rispondere a chiamate o messaggi da parte della vittima nei confronti del suo persecutore non escluda lo stalking: nella maggior parte dei casi, infatti, un atteggiamento bendisposto può evitare che lo stalker sviluppi una reazione maggiormente ossessiva di fronte al rifiuto netto da parte della vittima.
La Corte Suprema ha inoltre aggiunto e sottolineato che per inquadrare un fatto come stalking non è necessario che le condotte vengano poste in essere in un ampio arco temporale: possono anche svilupparsi in due o tre giorni, ma devono comunque essere reiterate.
Analizziamo un caso di specie: un uomo tormentava una collega sul posto di lavoro, facendole regali indesiderati e mettendosi sempre in mezzo alle conversazioni che la includevano.
La Cassazione, con la sentenza n. 38448/2023 del 20 settembre 2023, ha condannato l’uomo per il suo corteggiamento ossessivo e incessante. Sebbene la collega non presentasse sintomi di ansia o paura, il solo essere manifestamente contraria ai tentativi dell’uomo di instaurare un rapporto comunicativo e confidenziale con lei rappresentava un fatto illecito, in quanto fastidioso, pressante e reiterato.
La sfera personale e privata della donna infatti veniva continuamente invasa dal collega, ponendola nelle condizioni di dover modificare le sue abitudini di vita e il suo numero di telefono.
Il giudice, in casi come questo, è chiamato a determinare e verificare alcuni indici oggettivi:
La Cassazione ha infine recentemente introdotto una particolare forma di stalking, quella per interposta persona: nello specifico essa prevede che lo stalker acquisisca le informazioni sulla vittima mediante le sue amicizie oppure facendole recapitare messaggi ed oggetti sempre mediante terze persone.
In casi come questo, sebbene la dichiarazione della vittima costituisca di per sé la principale fonte di prova dello stalking, è necessario fornire prove di pedinamenti, sms, chiamate, mail insistenti, visite indesiderate (casa, luogo di lavoro) mediante testimonianze dirette, e facendosi supportare da investigatori privati che possono documentare ogni contatto della vittima con lo stalker.
Gli investigatori possono agire sia attraverso delle indagini OSINT/SOCMINT, tramite le quali possono monitorare reti e canali social per identificare i contenuti incriminati, ma anche, lì dove possibile, con delle attività di contropedinamento e pedinamento.
Le informazioni raccolte dagli investigatori privati all’interno della rete, data la natura mutevole di questa, vengono cristallizzate nel tempo tramite software specifici che permettono di conservare l’informazione anche qualora venisse cancellata.
Le informazioni raccolte durante l’attività di pedinamento, inoltre, vengono inserite in un dossier che potrà poi essere utilizzato in Tribunale.
Come possono intervenire gli investigatori privati, in questi casi?