Il 61% dei giovani dichiara di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo. Questo uno dei dati più preoccupanti emersi dall’Osservatorio Indifesa 2020 di Terre des hommes e Scuolazoo. La situazione è anche andata a peggiorare, negli ultimi mesi, perché il web è diventato il “luogo” maggiormente frequentato dai giovanissimi: il 79% dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni trascorre più di 4 ore al giorno sui social, ossia 28 ore a settimana, 120 ore al mese, due interi mesi in un anno.
Moltissimi genitori si rivolgono alle agenzie investigative specializzate in web intelligence per richiedere delle attività di OSINT e di SOCMINT volte alla ricerca, raccolta ed analisi di dati e di notizie tratte da fonti aperte sulle attività digitali condotte contro i loro figli, come ad esempio la reiterazione nel tempo da parte di terzi di ingiurie, minacce o diffamazioni su piattaforme digitali.
Tutte le informazioni raccolte all’interno della rete dagli investigatori privati vengono cristallizzate nel tempo tramite software specifici che permettono di conservare l’informazione anche qualora venisse cancellata.
Il dossier investigativo contiene dunque sia i risultati delle indagini effettuate sul web, sia i risultati delle indagini effettuate sul campo, tramite attività di monitoraggio e di pedinamento, lì dove il cyberbullismo preveda anche azioni fisiche e “reali”. Tutti elementi di prova dell’illecito commesso e dei suoi responsabili.
I cyberbulli possono rispondere sia in sede civile che in quella penale delle loro azioni, personalmente, se maggiorenni, o tramite i loro legali rappresentanti. È infatti possibile chiedere un risarcimento danni, dal momento che l’art. 2048 c.c. prevede che “Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi.”, la cosiddetta culpa in vigilando e in educando che sposta sui tutori l’obbligo risarcitorio dell’illecito commesso dal minore, sia per danno morale che biologico (se vi conseguenze sulla salute delle vittime).
In ambito penale, invece, sono molteplici le fattispecie che possono essere violate: l’art. 595 c.p. relativo alla diffamazione, l’art. 612 c.p. che sanziona le minacce, l’art. 494 nei casi di sostituzione di persona, l’art. 612 bis c.p. per gli atti persecutori, e molti altri, come anche l’art. 167 del Codice per la protezione dei dati personali, che punisce il trattamento illecito dei dati, anche con la reclusione.
In Italia il cyberbullismo viene disciplinato dalla Legge n. 71/2017 (in allegato) “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, che, come da art. 1, “si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti”. Per fare ciò vengono coinvolte anche le scuole, che collaborano con la Polizia Postale per contrastare questo fenomeno.
Il cyberbullismo può assumere diverse forme, come ad esempio:
• Cyberstalking: il tentativo reiterato di avere dei contatti digitali con la vittima, contro il suo volere;
• Denigration: la diffusione online di calunnie, immagini modificate e pettegolezzi sulla vittima;
• Exclusion: l’esclusione della vittima dai gruppi virtuali, con il solo scopo di isolarla e farla sentire diversa;
• Flaming: la sollecitazione al litigio tra due o più soggetti che appartengono a gruppi online;
• Harrasment: l’individuazione di una vittima sulla quale accanirsi con insulti e derisioni, all’interno di una conversazione pubblica o privata;
• Happy slapping: la diffusione di foto e video in cui la vittima viene picchiata. Un esempio di come il mondo reale e quello virtuale possono fondersi;
• Impersonation: l’appropriazione indebita dell’identità virtuale della vittima, per danneggiare la sua reputazione;
• Outing and trickery: la diffusione di confidenze che la vittima ha fatto al bullo, fidandosi di lui;
• Doxing: la diffusione di documenti e dati personali della vittima.
In ognuno di questi casi, come abbiamo visto, il primo passo è procurarsi le prove delle condotte violente consumate nella realtà, tramite foto e video realizzati dai detective incaricati, e delle condotte consumate in rete, tramite investigatori privati specializzati, che possono rintracciare e conservare i commenti, i post e gli altri contenuti tratti dal web, rendendoli recuperabili anche dopo la loro cancellazione.