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PRIVACY TRA CONIUGI: QUAL È IL CONFINE?

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PRIVACY TRA CONIUGI: QUAL È IL CONFINE?
Uno dei princìpi fondamentali sui quali si basa una relazione è il rispetto della privacy e degli spazi dell’altro. Spesso però i coniugi si sentono in qualche modo “autorizzati” a valicare il confine tra confidenza ed invadenza, senza rendersi conto di compromettere così il rapporto di fiducia e di agire spesso nell’illegalità.
La giurisprudenza è infatti molto severa e chiara, su questo argomento. Più volte, ad esempio, nei casi di separazione e divorzio per infedeltà di uno dei coniugi, le prove raccolte illegalmente dal coniuge tradito non vengono utilizzate nel processo e configurano anzi una evidente violazione della privacy, con il rischio di essere querelati per accesso abusivo a sistema informatico o per interferenza illecita nella vita privata altrui.
Nella sentenza n. 2905/19 (in allegato) la Cassazione ha preso in esame il caso di un marito che era entrato nella chat di Facebook della moglie per leggerne i messaggi. Era stata la stessa donna a fornire al marito le chiavi di accesso del social, tempo prima, quando la loro relazione era serena e senza segreti. Ma quando le cose sono iniziate ad andare male, il marito ha cercato prove dell’allontanamento dei due, accedendo all’account Facebook della moglie senza la sua autorizzazione, introducendosi nelle chat private, rispondendo a dei messaggi e fotografandoli per portarli in tribunale, allo scopo di dimostrare l’infedeltà della moglie e di negarle quindi l’assegno di mantenimento.
Ma secondo la Suprema Corte di Cassazione, quello commesso dal marito è un illecito, nella fattispecie si tratta del reato di acceso abusivo a sistema informatico: anche quando il marito è legittimamente a conoscenza delle chiavi di accesso dell'account Facebook della moglie non può utilizzarle contro la volontà della persona offesa.
Il diritto alla riservatezza è un diritto fondamentale, tutelato dalla Costituzione, e non ammette eccezioni, e non può quindi venire meno tra coniugi o conviventi.
Il coniuge, quindi, non solo non può accedere a chat, social, e-mail, telefono cellulare dell’altro senza la sua esplicita autorizzazione, ma non può neanche registrare conversazioni o video quando è assente, ad esempio: se il coniuge prima di uscire di casa lascia dei registratori o delle microcamere in casa, per spiare l’altro, commette un reato. Infatti registrazioni e riprese sono legittime se chi le esegue è fisicamente presente. Nel caso in cui sia invece presente nell’abitazione familiare un impianto di sicurezza, con telecamere, del quale entrambi i coniugi sono a conoscenza, eventuali immagini o riprese che testimonino l’infedeltà, colte fortuitamente, potrebbero avere validità legale.
È invece sempre possibile, agendo nella massima legalità, rivolgersi ad una agenzia investigativa per raccogliere le prove del tradimento. Gli investigatori privati sono infatti autorizzati dalla Prefettura ad effettuare delle indagini per conto del coniuge tradito, finalizzate a far valere un suo diritto in sede giudiziaria, senza violare la privacy dell’adultero, documentando attraverso foto e video il tradimento.
Il dossier investigativo ha valore probatorio, e l’investigatore privato può anche essere chiamato a deporre. La sua parola, in quanto testimone oculare dei fatti, è sufficiente a certificare la colpevolezza del coniuge infedele.

 

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Sentenza 2905.pdf


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