I profili fake sono, purtroppo, sempre più diffusi sui social.
Nella maggior parte dei casi tali profili sono creati per ottenere profitto per se stessi o per altri a danno di gente inconsapevole di ciò che sta accadendo, almeno all’inizio.
Un caso singolare ha riguardato recentemente una donna milanese di nome Sylvie, che è stata vittima della cosiddetta “truffa affettiva”.
Ma cosa è accaduto?
La donna, come tanta altra gente, è stata adescata da un profilo falso, manovrato da una banda di criminali dedita alle truffe affettive.
Il processo di truffa è solitamente lungo e con il tempo dà i suoi frutti; infatti, all’inizio la donna non aveva dato peso al profilo, ma a poco a poco, mossa dalla curiosità, ha deciso di leggere il messaggio che le era stato inviato su Messanger da questo soldato americano, che in seguito scoprirà essere falso.
“Mi ha scritto che si trovava a Idlib, una delle zone più pericolose della Siria. È iniziata una corrispondenza sempre più fitta. Mi ha raccontato di essere rimasto orfano da piccolo, adottato da una famiglia, vedovo, solo al mondo. Che era stanco del lavoro in Siria, voleva andare via e, magari, conoscere una donna con la quale trascorrere il resto della vita”, racconta Sylvie.
Passato qualche tempo e dopo aver convinto la donna della “veridicità” del profilo, l’uomo le ha chiesto di continuare le loro conversazioni su WhatsApp. I truffatori lo fanno sempre. Sylvie, giorno dopo giorno, ha sviluppato una dipendenza affettiva verso l’uomo. Sono dunque iniziate le richieste di denaro da parte di quest’ultimo.
Il falso soldato aveva raccontato alla donna che cambiare vita sarebbe stato possibile se fosse riuscito a recuperare una valigia piena di dollari che aveva trovato durante una missione e nascosto a Istanbul, in un magazzino doganale delle Nazioni Unite.
La donna allora si è messa in moto per riuscire a recuperare la valigia, grazie all’uomo che l’ha messa in contatto con la direttrice della ditta (finta) che gestiva il magazzino. La vittima ha dovuto però pagare 4.700 euro per poter sbloccare la spedizione della valigia.
Ma la truffa non si è fermata qui, anzi è diventata sempre più articolata, ed è stato un continuo chiedere denaro alla donna, per il rilascio di certificati vari necessari per lo sblocco della valigia. La valigia, dopo varie peripezie, è giunta finalmente in Italia, e alla donna è stato chiesto di recarsi alla stazione di Aversa, dove ci sarebbero stati due uomini ad aspettarla per mostrarle il contante. Incontrati gli uomini, gli stessi le hanno riferito che per poter usufruire dei contanti avrebbe dovuto pagare un prodotto molto costoso per poter eliminare un timbro delle Nazioni Unite da tutte le banconote. La donna, ormai soggiogata, ha continuato a pagare, mossa anche in parte dalla paura.
Infine, disperata, la donna ha fatto una ricerca su internet, scoprendo così il vero profilo del militare a cui erano state rubate le foto usate dal truffatore. La donna lo ha contattato, e il vero soldato le ha confermato di essere a conoscenza che una organizzazione di truffatori aveva rubato la sua identità, e le ha consigliato di sporgere subito denuncia, come aveva fatto anche lui. La donna ha sporto denuncia, sebbene con la consapevolezza di aver probabilmente perso per sempre 200mila euro.
Bisogna rivolgersi subito a dei professionisti, come gli investigatori privati, quando si sospetta dell’identità e delle intenzioni di qualcuno.
In questi casi cosa può fare un’agenzia investigativa?
Grazie alle prove raccolte dagli investigatori privati online, con la ricerca di elementi che confermino l’identità del soggetto, la sua reputazione digitale e la sua presenza sul web, la vittima può sporgere denuncia e difendere i propri diritti in un eventuale procedimento legale.
Di solito le attività più utilizzate dagli investigatori privati in questi casi sono: