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MALATTIA PROFESSIONALE E RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO

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MALATTIA PROFESSIONALE E RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO

Con l’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 2403/2021 (in allegato) depositata il 27 gennaio 2022, torniamo a parlare della responsabilità del datore di lavoro per i danni alla salute psicofisica del lavoratore.

Recentemente avevamo affrontato l’argomento della responsabilità datoriale in un articolo consultabile cliccando qui, concentrandoci nello specifico sull’infortunio sul lavoro prendendo spunto dalla vicenda di un dipendente che aveva subito un gravissimo incidente alla mano destra utilizzando il macchinario cui era addetto.

Nell’Ordinanza in esame, invece, viene trattato un caso di malattia professionale, che ricordiamo essere, come da definizione del Ministero del lavoro delle Politiche sociali, “qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa”.

Nello specifico, un dirigente era stato licenziato per aver superato il periodo di comporto, poiché assente a causa di una malattia psichica di origine professionale, come da accertamento fornito.

In primo e secondo grado il licenziamento è stato ritenuto illegittimo, per le motivazioni ascritte nella decisione della Cassazione, ma è stata respinta la richiesta di risarcimento del danno che il lavoratore ha chiesto per la mancata tutela delle condizioni di lavoro. Secondo la Corte d’Appello, infatti, poiché il lavoratore ricopriva una “posizione apicale”, avrebbe potuto “modulare diversamente la propria prestazione nel senso di assicurarsi la adeguata fruizione delle ferie, ridimensionando i carichi di lavoro etc.”.

Ma per la CassazioneIl fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, abbia la possibilità di modulare da un punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferire e dei riposi, non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale residuando pur sempre in capo al soggetto datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente al quale connettere la responsabilità ex art. 2087 c.c. salva l’ipotesi che la condotta del lavoratore si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile”.

La Corte di Cassazione, dunque, ha cassato la sentenza con rinvio.

Il lavoratore deve dimostrare il nesso di casualità tra il danno subito e l’inadeguatezza dell’ambiente e dell’organizzazione lavorativi.

Il datore di lavoro, invece, ha l’onere di dimostrare di aver adottato ogni cautela per evitare il verificarsi del danno, controllando il corretto utilizzo di tutti i mezzi forniti al lavoratore per la tutela della sua integrità psicofisica.

Per prevenire e gestire situazioni di questo tipo il datore di lavoro può rivolgersi ad una agenzia investigativa autorizzata, richiedendo delle attività di Policy Compliance, per la verifica del rispetto da parte dei dipendenti e dei collaboratori della conformità alle Policy aziendali.

Nei casi di malattia professionale ed infortunio, lì dove vi siano dei dubbi circa la veridicità dello stato di salute dichiarato, gli investigatori privati possono intervenire dimostrando, grazie ai c.d. controlli difensivi, l’eventuale insussistenza dello stato di incapacità lavorativa dichiarato dal dipendente. L’azienda può utilizzare il dossier investigativo così prodotto per provare in sede di giudizio l’illecito del dipendente infedele.

Come possono intervenire gli investigatori privati, in questi casi?

  • Attività di monitoraggio e di pedinamento del dipendente;
  • Attività di Web Intelligence OSINT e SOCMINT per la raccolta di elementi di prova dal web;
  • Attività di Policy Compliance;
  • Mystery Shopping e/o Assunzioni programmate.

Scarica l'allegato
Ordinanza n. 2403 gennaio 2022.pdf


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