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L’ASSEGNO DI DIVORZIO RILEVA GLI ARRETRATI DEL MANTENIMENTO?

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L’ASSEGNO DI DIVORZIO RILEVA GLI ARRETRATI DEL MANTENIMENTO?
Con la recente ordinanza n. 4215/2021 (in allegato) la Cassazione introduce importanti elementi di valutazione nella determinazione dell’assegno divorzile.
L’ordinanza prende in esame il caso di una coppia di ex coniugi, con alle spalle ventidue anni di matrimonio costellati di numerosi atti di violenza e di infedeltà da parte del marito.
Nella pronuncia non definitiva del Tribunale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, era stato posto in carico all’uomo di versare un assegno di mantenimento di 5000 euro alla ex moglie. L’uomo era ricorso in appello, e la Corte aveva rigettato la sua richiesta, accogliendo invece l’appello incidentale della ex moglie, che ha così ottenuto l’aumento dell’assegno, arrivando a 10.000 euro mensili.
L’aumento era stato determinato, per la Corte d’Appello, da fattori di grande rilevanza, come l’addebito all’ex marito a causa del suo comportamento violento ed infedele, del quale l’uomo aveva risposto anche in sede penale. L’infedeltà, infatti, se dimostrata anche con le prove raccolte mediante indagine investigativa, può determinare l’addebito della separazione al coniuge fedifrago.
Oltretutto la donna si era presa cura del figlio di lui, nato da una relazione extraconiugale. L’uomo avrebbe anche escluso completamente la donna dagli utili ricavati dall’azienda di famiglia, ai quali la donna avrebbe contribuito, favorendo il maturare di un ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare, del tutto intestato al marito.
La Corte, infine, ha considerato anche la lunga durata del vincolo matrimoniale intercorso tra i due coniugi, di ben ventidue anni. L’assegno di 10.000 euro servirebbe, dunque, anche a garantire alla moglie lo stesso tenore di vita del quale avrebbe goduto se il matrimonio non fosse fallito a causa dell’ex marito.
L’ex marito ricorre però in Cassazione, sollevando tra i motivi di doglianza anche l’ingente somma di quasi 400.000 euro che l’uomo avrebbe versato alla donna in un'unica soluzione, a titolo di arretrati degli assegni di mantenimento che erano stati a lui posti in carico in fase di separazione, somma da considerare come redditi di lavoro dipendente produttivo di utili. L’uomo lamenta anche la mancata valutazione del diritto di credito della ex moglie derivante dall’estinzione della precedente impresa familiare, prima che venisse costituita la nuova società. Infine, secondo l’uomo, non è stato considerato l’immobile di pregio occupato dalla donna e che costituirebbe un vantaggio economico in suo favore.
Considerato nello specifico il primo motivo di doglianza, la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 4215/2021, ha chiarito che la somma riconosciuta alla donna per gli arretrati dell’assegno di mantenimento, seppure di elevata entità, è una conseguenza del precedente inadempimento degli obblighi dell’uomo di sostenere la ex moglie, e quindi non può essere considerata una somma utile a “valutare la sproporzione tra le posizioni economiche delle parti ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.”
Come sancito dalla S.U. n. 18287/2018, che ha introdotto le finalità perequative, assistenziali e compensative dell’assegno di divorzio: “in tema di divorzio, non possono computarsi nel patrimonio del coniuge creditore dell’assegno divorzile, calcolato ai sensi dell’art. 5 della legge n. 898 dell’01/12/1970, anche gli introiti percepiti dal medesimo a seguito di inadempimento nella corresponsione dell’assegno di separazione, corrisposti in un’unica soluzione a seguito dell’azione esecutiva svolta con successo.”
In quest’ottica, le indagini patrimoniali sono fondamentali per verificare la veridicità delle dichiarazioni degli ex coniugi in merito alle proprie condizioni economiche, sia nella fase di determinazione dell’importo dell’assegno, sia in un’eventuale istanza di revisione.
Il Giudice, infatti, per determinare l’assegno, deve tenere conto di specifici parametri:
-    i redditi lavorativi dei coniugi;
-    il contributo del coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio familiare;
-    le aspettative professionali sacrificate dal coniuge più debole per dare priorità alla famiglia;
-    le proprietà immobiliari ed immobiliari;
-    eventuali altri introiti;
-    la durata del matrimonio;
-    il reale tenore di vita
sia che si tratti del coniuge assegnatario, che del coniuge creditore.
Ogni caso, quindi, è diverso dall’altro, e va analizzato nel migliore dei modi per garantire il rispetto dei diritti dei coniugi.

Scarica l'allegato
Cassazione n. 42152021.pdf


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