La
legittimità della
registrazione di una
conversazione è stata argomento di un nostro recente articolo consultabile
cliccando qui, e con la
Sentenza n. 20384/2021 della
Corte di Cassazione a Sezioni Unite (in allegato) viene ribadita l’
utilizzabilità delle
registrazioni fonografiche nei
procedimenti sia
civili che
penali.
Nel
processo civile la registrazione di una conversazione, se avvenuta tra
presenti, rappresenta una
riproduzione meccanica ex art. 2712 c.c. e per questo è da ritenersi una
prova ammissibile.
Nel
processo penale la registrazione, effettuata sempre da uno dei
presenti alla conversazione, anche se all’insaputa degli interlocutori, viene ritenuta
prova documentale e
non intercettazione.
Neanche il
Codice Privacy (D.lgs. n. 196/93) ne preclude l’utilizzo, se è atto a “
far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro proseguimento.”
La
registrazione in presenza costituisce, dunque, una forma di
documentazione di un
fatto storico che ha riguardato direttamente colui che registra, ed il soggetto registrato sapeva di parlare e di rivolgere dei gesti direttamente a quella persona o comunque in presenza di quella persona.
È
importante, prima di procedere in maniera autonoma con la registrazione di conversazioni che possono essere utili nella tutela dei propri diritti, rivolgersi ad una
agenzia investigativa autorizzata, per non rischiare di commettere, sebbene involontariamente, degli
errori che possono sensibilmente alterare la situazione, soprattutto per quanto riguarda il
trattamento e la
diffusione dei
dati ottenuti.
Tutte le prove raccolte dagli investigatori privati, infatti, sono lecite ed hanno valore probatorio in sede di giudizio. Gli investigatori possono inoltre essere chiamati a testimoniare in Tribunale.
Nel caso preso in esame dalla sentenza, la
registrazione era stata effettuata da un
cliente di uno studio legale, legittimamente presente alla conversazione nella quale il legale aveva
violato il
Codice Deontologico Forense, utilizzando
espressioni denigratorie nei confronti di un collega ex collaboratore. Non solo: il legale è stato anche accusato di aver provato ad
acquisire rapporti di clientela in maniera non conforme a correttezza e decoro, chiedendo al cliente (che stava effettuando la registrazione a sua insaputa) di farsi restituire i documenti sui quali stava lavorando il collega vittima degli insulti, fino ad offrire al cliente un posto di lavoro presso un suo contatto.
La
registrazione, riportata su CD e presentata in giudizio, è stata
contestata dal legale, ritenendola, a suo parere, inutilizzabile, perché effettuata all’interno del suo ufficio, equiparabile a domicilio privato.
Ma gli Ermellini, respingendo il ricorso, hanno
ribadito che in
sede penale, già a partire dal provvedimento
n. 36747/03 delle Sezioni Unite, che ha
eliminato le registrazioni fonografiche tra presenti dalle
intercettazioni regolamentate dagli
artt. 266 e ss. c.p.p., vi è un’innumerevole giurisprudenza in materia che
conferma l’
utilizzabilità di questo tipo di registrazione, salvi gli eventuali
divieti di divulgazione del contenuto.
L’
unica condizione, ribadiamo, è che l’
autore della
registrazione abbia di fatto
presenziato o
partecipato in maniera
continuativa alla
conversazione registrata (e del quale viene, in ogni caso, valutata l’
affidabilità, cfr. Cass. n. 13810/2019).
Inoltre, il legale accusato dell’illecito non ha provveduto a presentare un
disconoscimento specifico e mirato del
contenuto offensivo, a fronte del quale si sarebbe potuta valutare l’inutilizzabilità della registrazione.
Ma non vi è stata alcuna
contestazione dei fatti, formulata in maniera chiara, circostanziata ed esplicita, da parte del legale, che ha solo richiesto che non venisse ritenuta
utilizzabile la registrazione, senza addurre
prove che facessero emergere
circostanze diverse.