Un dipendente di una nota azienda italiana che opera nella tecnologia dell'informazione è stato licenziato grazie alle prove di un investigatore privato. L’uomo si era assentato per malattia, per un periodo di due mesi e mezzo, per via della sua patologia che lo avrebbe costretto all’”isolamento”.
In particolare si sarebbe assentato dal 31 luglio al 15 ottobre 2020, in pieno stato di emergenza, poiché, secondo il certificato medico presentato, l’uomo sarebbe affetto da una grave asma cronica, che lo rendeva un soggetto a rischio soprattutto se avesse dovuto contrarre il Covid.
L’azienda, però, dopo una settimana dal suo rientro al lavoro lo ha licenziato, provvedimento ritenuto dal Tribunale del Lavoro “pienamente legittimo”: l’investigatore privato incaricato dall’azienda, infatti, aveva raccolto le prove della condotta del dipendente, del tutto incompatibile con lo stato di salute da egli dichiarato. Innanzitutto l’uomo usciva costantemente, non rispettando, dunque, l’isolamento, ma soprattutto non adottava alcuna misura di sicurezza per tutelarsi dal contagio dal Covid: non indossava quasi mai la mascherina, non igienizzava quasi mai le mani ed incontrava diverse persone senza i dispositivi di sicurezza obbligatori e senza rispettare le distanze.
L’uomo ha presentato ricorso, adducendo di far parte dei lavoratori fragili e di essere stato licenziato senza giusta causa, ricorso che però il giudice ha prontamente respinto, condannandolo, anzi, a pagare anche 1500 euro di spese di lite.
Le prove dell’investigatore privato, secondo i giudici, sono sufficienti a provare “le condotte incompatibili con la condizione di fragilità”, tanto più che lo stesso investigatore privato è stato chiamato a testimoniare in Tribunale, per confermare quanto da egli riportato nel dossier prodotto in giudizio.
Secondo i giudici il lavoratore “in quei giorni ha adottato dei comportamenti del tutto imprudenti, irrispettosi delle regole di distanziamento sociale e di utilizzo di dispositivi di sicurezza e quindi incompatibili con la sua necessità di isolamento per condizione di fragilità per asma cronica, così frustrando le finalità della peculiare garanzia a lui concessa”.
Sempre secondo i giudici: “detti comportamenti appaiono idonei a ledere il rapporto fiduciario fra lavoratore e datore di lavoro permettendo, dunque, di ritenere configurata una giusta causa di licenziamento”, adottando una “condotta talmente grave da non poter giustificare la prosecuzione, anche solo temporanea del rapporto”.
È bene verificare sempre, nel corso della malattia, lì dove vi sia il sospetto di un abuso dei permessi richiesti, la reale condotta del dipendente attraverso dei Controlli difensivi per mezzo di una agenzia investigativa autorizzata.
Tali controlli non riguardano gli aspetti sanitari (preclusi dall’articolo 5 dello Statuto dei lavoratori) ma le condotte extra-lavorative che attestano l’insussistenza della malattia o dello stato di incapacità lavorativa, o condotte che possano ritardare o compromettere la guarigione del dipendente di fatto malato.
Le prove dell’illecito, raccolte nel dossier finale, hanno valore probatorio e possono essere, dunque, utilizzate in giudizio per la tutela dei propri diritti.
Come possono intervenire gli investigatori privati, in questi casi?