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IL BLOCCO LICENZIAMENTI RIGUARDA ANCHE I DIRIGENTI?

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IL BLOCCO LICENZIAMENTI RIGUARDA ANCHE I DIRIGENTI?
Con la Sentenza n. 3605 del 19 Aprile 2021 (in allegato) il Tribunale di Roma si è nuovamente pronunciato sull’applicabilità ai ruoli dirigenziali del blocco dei licenziamenti, introdotto dall’articolo 46 del Decreto Cura Italia 18/2020, convertito in Legge 27/2020, più volte prorogato fino ad oggi, affermando che tale blocco non è applicabile alla categoria dei dirigenti.
In quest’ultima pronuncia il Tribunale si è discostato dalla decisione presa dallo stesso poco tempo fa, ossia il 26 Febbraio 2021, quando invece si era espresso estendendo il blocco licenziamenti anche ai dirigenti.

A cosa è dovuto questo cambio di rotta?
Il Giudice si è basato su due fondamentali elementi:
•    Il dato letterale dell’art. 46 del Decreto Cura Italia, secondo il quale il datore di lavoro non può recedere dal contratto, a prescindere dal numero dei dipendenti, per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 Legge 604/1966, e la disposizione “non si applica ai dirigenti sia per espressa previsione normativa sia per consolidato principio giurisprudenziale”;
•    La coerenza tra l’esclusione del dirigente dal blocco di licenziamenti e “lo spirito che sorregge l’eccezionale ed emergenziale previsione del blocco dei licenziamenti” che ha dato la possibilità a tutte le aziende, dalla più piccola alla più grande, di ricorrere agli ammortizzatori sociali.

Questa simmetria tra il blocco licenziamenti e l’intervento della collettività generale (Cassa Integrazione Covid 19 e sue relative articolazioni) renderebbe nel complesso il sistema di tutele adottato costituzionalmente legittimo e ragionevole, secondo il Tribunale romano.
Il Giudice infatti chiarisce: “con riguardo ai dirigenti detto binomio non può stare in piedi, poiché a questi ultimi non è consentito, almeno in pendenza del rapporto di lavoro, di accedere agli ammortizzatori sociali”, e quindi, se il blocco dei licenziamenti venisse davvero esteso anche ai dirigenti, il datore di lavoro non potrebbe garantire, a chi ricopre questo tipo di ruoli, ciò che invece garantisce agli altri dipendenti, ossia un reddito certo e la tutela occupazionale senza costi aggiuntivi a suo carico.
In conclusione, la sentenza ha ritenuto legittimo il recesso comunicato da una società ad uno dei suoi dirigenti nel maggio dello scorso anno, motivato da ragioni di riorganizzazione aziendale e di contenimento dei costi, che avevano portato alla soppressione della figura dirigenziale, distribuendo le relative funzioni tra altri responsabili della società.
Quindi i dirigenti possono essere licenziati, anche in questo periodo, per giustificato motivo oggettivo, una tipologia di licenziamento strettamente legata  a motivi economici e organizzativi dell’azienda, come la soppressione del posto di lavoro (in questo caso), la chiusura dell’attività, l’introduzione di nuovi macchinari che non necessitano di particolari interventi umani e l’affidamento a terzi dei servizi aziendali.
Per i dipendenti dell’azienda, invece, è previsto, da decreto, il licenziamento per motivi disciplinari, causato da un inadempimento del lavoratore agli obblighi contrattuali, tale da conseguire una sanzione espulsiva, e si distinguono, a seconda della gravità, tra licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e licenziamenti per giusta causa, che, come riportato in un nostro recente articolo consultabile qui, sono in significativo aumento.
Il datore di lavoro, grazie ai controlli difensivi affidati ad una agenzia investigativa autorizzata, può verificare la condotta dei lavoratori, ed individuare eventuali illeciti da loro messi in atto, ottenendo prove valide in sede di giudizio.
Tra gli illeciti più frequenti, in questo ultimo anno, ricordiamo l’abuso dei permessi Legge 104, la falsa malattia, il furto dati e la concorrenza sleale.

Scarica l'allegato
Sentenza Licenziamento Dirigente.pdf


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