Per quanto possano essere belli, bambini biondi e fotogenici, sportivi, artisti, i genitori non devono avere il potere assoluto di pubblicare la loro immagine; quindi, anche mamma e papà devono rispettare la privacy dei propri figli. A fronte di un problema che non riguarda soltanto i baby influencer, il parlamento francese ha deciso di correre ai ripari approvando all'unanimità un disegno di legge per limitare la condivisione degli scatti dei propri bambini sui social.
Tra le misure più importanti, la creazione di un diritto alla privacy per i figli nei confronti dei genitori, in particolare quelli che, magari animati dalle miglior intenzioni, li esibiscono senza limiti sui social network. Un allarme che è ben diffuso anche in Italia. «È un argomento per il quale ci stiamo battendo molto - dice Carla Garlatti, Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza - Ho scritto una nota al presidente del Consiglio Giorgia Meloni in cui, fra le varie urgenze che ho segnalato, c'è anche quella di intervenire su questo fenomeno». L’idea è di estendere a questi casi la tutela già esistente contro il cyberbullismo, ovvero la Legge 71/2017 che consente ai minori di chiedere la rimozione di contenuti a loro riferiti. Nessuna risposta dalla premier Giorgia Meloni, almeno per il momento.
La legge proposta in Francia stabilisce:
«Il 50 per cento delle foto che si scambiano sui siti pedopornografici era stato inizialmente postato dai genitori sui loro social» ha esordito all'Assemblee Nationale il deputato macronista Bruno Studer, che con Aurore Bergé ed Eric Pouillat, ha presentato il progetto di legge ai loro colleghi, trovando per una volta l'emiciclo quasi del tutto d'accordo. Per convincere i legislatori francesi, un solo dato: «in media un bambino appare su 1300 fotografie pubblicate online prima dei tredici anni, che siano profili suoi o dei genitori». Molte di queste foto vengono “rubate” e diffuse dai child molester.
Le uniche norme che esistono sono quelle per tutelare i casi più "eclatanti". A giustificare la legge, la necessità di interdire pratiche quali il "cheese challenge", che consiste nel filmare le reazioni dei figli quando ricevono un pezzo di formaggio in faccia, oppure il gioco della voce registrata che dice «vostro figlio non obbedisce, arriviamo e lo portiamo in prigione» cosa che ovviamente provoca la disperazione nei piccoli indisciplinati.
Si tratta di pratiche assimilabili alle violenze educative, ha dichiarato Thomas Rohmer, presidente dell'Osservatorio della genitorialità e dell'Educazione digitale. Il testo precisa che l'esercizio sul diritto all'immagine del minorenne è esercitato in comune dai due genitori. In caso di disaccordo il giudice potrà vietare a uno dei due di postare immagini dei figli. Si può addirittura arrivare a una «delega forzata dell'autorità genitoriale», la cui portata deve però essere ancora definita.
Per i legislatori, l'obiettivo è più prevenire che punire, una norma pensata per sensibilizzare e non per reprimere. Questa legge vuole ricordare ai genitori che sono loro i primi a dover proteggere l'immagine dei figli di fronte ai rischi che una sovraesposizione può comportare. Per alzare la guardia sui rischi dell'uso dei social, è stata presentata una legge parallela che punta ad indicare i rischi di un'eccessiva esposizione agli schermi.
Come tutti ormai sappiamo, la continua condivisione online può avere conseguenze per il minore, ad esempio: pedopornografia, ma anche adescamento online, ripercussioni sociali, perdita del controllo delle foto, che una volta in rete non si cancelleranno.
A tal proposito, gli investigatori privati svolgono delle attività di Web Intelligence OSINT e SOCMINT, per la ricerca, raccolta ed analisi di dati e di notizie tratte da fonti aperte sulle attività riguardanti il minore, come ad esempio le informazioni ricavate dai social network e da tutti gli altri profili online legati ai minori e/o alle persone con i quali interagisce.
Tutte le informazioni raccolte all’interno della rete, data la natura mutevole di questa, vengono cristallizzate nel tempo tramite software specifici che permettono di conservare l’informazione anche qualora venisse cancellata.
Gli elementi raccolti dalle indagini degli investigatori privati esperti possono essere anche utilizzati per la tutela dei propri diritti in sede di giudizio e/o per sporgere denuncia contro i responsabili di condotte illecite.