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È CONSENTITO IL LICENZIAMENTO PER FURTI DI LIEVE ENTITÀ?

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È CONSENTITO IL LICENZIAMENTO PER FURTI DI LIEVE ENTITÀ?

La sentenza del Tribunale di Milano, decreto del 24 luglio 2022, esplicita che il furto di beni aziendali costituisce una violazione del rapporto fiduciario, ovvero un principio fondamentale nel rapporto di lavoro. Tale violazione è così grave da renderla una giusta causa di licenziamento, secondo l’articolo 2119 del Codice civile e l’articolo 3 della legge 604/1966.

La giusta causa di licenziamento è un motivo di licenziamento disciplinare che ha come giustificazione il comportamento del dipendente, grave a tal punto da determinare la cessazione immediata del rapporto di lavoro. Prima però, del licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro ha l’obbligo di inviare all’interessato una lettera di contestazione per raccomandata a.r.. Dalla ricezione della lettera il dipendente ha cinque giorni per presentare difese e/o per chiedere di essere sentito personalmente. Alla scadenza del termine il datore può decidere l’eventuale provvedimento disciplinare da assumere, compreso il licenziamento

Il dipendente che ritiene di non essere responsabile della condotta ascrittagli deve inviare una lettera di contestazione al datore entro 60 giorni dal ricevimento del licenziamento e, nei successivi 180 giorni da tale invio, depositare in tribunale il ricorso

Se il giudice riterrà che il furto non sia stato commesso, il dipendente ha diritto alla reintegra sul posto di lavoro e al risarcimento del danno.

Il licenziamento è la sanzione da adottare solo se il rapporto di fiducia è stato irrimediabilmente rotto.

Secondo la giurisprudenza, vi è piena proporzione tra il licenziamento e il furto di lieve entità a causa della rottura irrimediabile del vincolo fiduciario che il furto stesso implica. Infatti, il valore del bene rubato non è il fattore decisivo, ma conta la violazione della fiducia.

Immaginiamo un dipendente che durante i rifornimenti di gasolio con l’autovettura aziendale, carica i punti fedeltà sulla propria carta carburante, raggiungendo il limite di punti per fruire del regalo personale, come accaduto nel caso di specie.

È da specificare che la giurisprudenza fa rientrare anche, nel furto dei beni aziendali, l’utilizzo dell’auto aziendale per scopi personali, essendo il carburante pagato dal datore di lavoro.

Per quanto riguarda i giudici, la condotta del dipendente costituisce un inadempimento. Infatti, il dipendente ha optato, in questo caso, per la modalità di rifornimento più costosa, al solo fine di trarne un vantaggio personale, inducendo poi in errore il datore di lavoro con la produzione di documentazione fiscale non veritiera. Tale comportamento costituisce una violazione dei doveri di correttezza e buona fede previsti dagli articoli 1175 e 1375 del Codice civile, nonché un comportamento contrario ai doveri di diligenza e fedeltà.

Nonostante l’irrilevanza della codificazione di una norma comportamentale adeguato, sia in policy specifiche, sia nel codice etico aziendale, queste rimangono strumenti fondamentali per definire e regolare il comportamento dei dipendenti.  Tuttavia, in un caso come quello preso in esame, la deviazione dai principi fondanti il rapporto di lavoro è evidente da rendere del tutto irrilevante la presenza di una norma specifica che regoli il comportamento dei dipendenti.

In conclusione, la sentenza del Tribunale di Milano sottolinea l’importanza della fiducia nel rapporto di lavoro. Secondo la sentenza, infatti, un furto lieve può costituire una violazione tale da giustificare il licenziamento. L’elemento chiave, non è tanto il furto in sé, ma la violazione della fiducia e dell’integrità, valori fondamentali nel rapporto di lavoro.

Se dovesse esserci il fondato sospetto della violazione del rapporto fiduciario lavorativo e una violazione dei doveri di correttezza e buona condotta da parte dei dipendenti è possibile intervenire in diversi modi, rivolgendosi ad una agenzia investigativa. Generalmente le indagini effettuate in questi casi sono:

  • monitoraggio e pedinamento del dipendente infedele;
  • attività di Web Intelligence (OSINT e SOCMINT) per monitorare il comportamento del dipendente anche online (molti rivendono, ad esempio, la merce sottratta all’azienda utilizzando i social o altri canali di vendita in rete);
  • installazione di telecamere nascoste all’interno dell’ambiente lavorativo, senza dover chiedere preventivamente un accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. La videosorveglianza rientra infatti nei controlli difensivi che il datore di lavoro può mettere in atto anche grazie all’apporto di una agenzia investigativa autorizzata.

Infine, se la notizia del furto subìto dall’azienda è emersa, diffondendosi sui media, è importante richiedere all’agenzia investigativa delle indagini reputazionali, per verificare che non vi sia stato un danno all’immagine o per quantificarlo e provarlo.

Al termine delle succitate attività di indagine gli investigatori raccolgono le informazioni ottenute nel dossier investigativo, che potrà essere utilizzato dai dirigenti aziendali anche in sede di giudizio, oltre che rappresentare un report delle problematiche aziendali da risolvere.            



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