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DIRIGENTE INVIA TRAMITE MAIL INFORMAZIONI AZIENDALI RISERVATE A CONTATTI PERSONALI: QUALI LE CONSEGUENZE?

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DIRIGENTE INVIA TRAMITE MAIL INFORMAZIONI AZIENDALI RISERVATE A CONTATTI PERSONALI: QUALI LE CONSEGUENZE?

La Sentenza della Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 12 novembre 2021, la n. 34092 (in allegato) affronta il caso di un dirigente licenziato per aver inviato delle mail ad indirizzi di posta personali, contenenti dati e documenti aziendali riservati, relativi a delle operazioni finanziarie in corso, sulle quali vi era l’obbligo di riservatezza.

Con la sua condotta il manager avrebbe trasgredito il codice etico ed i principi di riservatezza, oltre ad aver messo a rischio il valore azionario dell’azienda datrice, trasmettendo i documenti strettamente confidenziali a persone esterne.

Il datore di lavoro era venuto a conoscenza dell’illecito a seguito dell’alert che il sistema informatico aziendale aveva inviato e tramite un file di log con indicazioni circa le mail inviate. Il provvedimento disciplinare è stato contestato dal dirigente, lamentando l’illegittimità dei controlli effettuati.

La pronuncia è particolarmente interessante perché viene confermata la legittimità dei controlli e ribadita e chiarita ulteriormente la differenzatra i controlli difensivi in senso lato, vale a dire quelli a difesa del patrimonio aziendale che riguardano tutti i dipendenti (o gruppi di dipendenti) nello svolgimento della loro prestazione di lavoro che li pone a contatto con tale patrimonio, controlli che dovranno necessariamente essere realizzati nel rispetto delle previsioni dell’art. 4 novellato in tutti i suoi aspetti e controlli difensivi in senso stretto, diretti ad accertare specificamente condotte illecite ascrivibili – in base a concreti indizi – a singoli dipendenti, anche se questo si verifica durante la prestazione di lavoro; si è ritenuto che tali ultimi controlli, anche se effettuati con strumenti tecnologici, non avendo ad oggetto la normale attività del lavoratore, si situino, anche oggi, all’esterno del perimetro applicativo dell’art. 4”.

Con le modifiche apportate all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori dall’art. 23 del Dlgs 151/2015, attuativo del Jobs Act poi integrato dal Dlgs 185/2016, il datore di lavoro è autorizzato ad effettuare dei controlli sui dispositivi informatici utilizzati dai dipendenti, e le informazioni così raccolte possono essere utilizzate per tutti gli scopi connessi al rapporto di lavoro, anche quelli disciplinari.

Per effettuare questo tipo di controllo, le aziende si rivolgono spesso alle agenzie investigative autorizzate, che integrano attività di computer forensics, per l'individuazione, la conservazione, la protezione, l'estrazione, la documentazione e ogni altra forma di trattamento dei dati informatici, con altre indagini utili a dimostrare l’illecito, come delle attività di web intelligence, OSINT e SOCMINT ed attività di monitoraggio e pedinamento del dipendente.

La sentenza, di fatto, conferma la legittimità dei controlli del datore di lavoro sulla strumentazione informatica data in dotazione al dipendente, che si possono richiedere anche ad una agenzia investigativa autorizzata.

Per la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali deve essere garantito il rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza (art. 9, lett. a) e d) l. 675/1996): la legittimità della produzione si basa sul bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, il grado di riservatezza e le esigenze di difesa.

Gli investigatori privati, dunque, possono garantire, per l’autorizzazione concessa loro dalla Prefettura e per le loro competenze specifiche, la raccolta degli elementi di prova nel rispetto di tali normative e principi.

Come possono intervenire gli investigatori privati, in questi casi?

  • Attività di monitoraggio e di pedinamento del dipendente infedele;
  • Attività di Web Intelligence OSINT e SOCMINT per la raccolta di elementi di prova dal web;
  • Attività di Computer Forensics.

Scarica l'allegato
Sentenza n. 34092.pdf


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