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COMMENTI DIFFAMATORI SU FACEBOOK: SCATTA L’AGGRAVANTE

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COMMENTI DIFFAMATORI SU FACEBOOK: SCATTA L’AGGRAVANTE Per quanto sia un’abitudine diffusa, purtroppo, scrivere su Facebook offese e cattiverie è molto, molto rischioso. I social danno la possibilità a tutti di esprimersi, ma spesso si è inconsapevole dei limiti entro i quali è necessario tenersi, per evitare di cadere nel reato di diffamazione.
I casi di diffamazione a mezzo internet, che le Corti italiane si ritrovano continuamente a discutere, sono in preoccupante aumento, considerando il fatto che si tratta di atti idonei ad integrare l'aggravante prevista dall'art. 595 comma 3 c.p., che stabilisce che se l'offesa è recata con mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
I commenti sui social, viaggiando in rete, possono raggiungere un numero di persone indeterminato ed incontrollato, amplificando la gravità dell’affermazione espressa.
La Corte di Appello di Cagliari Sez. 2 si è pronunciata proprio su uno di questi casi, con la sentenza n. 257 del 01 giugno 2020, in merito a commenti apparsi online di notevole gravità, dando l’aggravante dell'art. 595 comma 3 codice penale.

Per individuare condotte di questo tipo una soluzione di comprovata utilità è quella di rivolgersi ad una agenzia investigativa, che possa, attraverso della indagini di web intelligence, individuare i commenti offensivi, producendo un report dettagliato delle pubblicazioni online, con valore probatorio in sede di giudizio.
Questo tipo di indagini vengono effettuate utilizzando fonti OSINT (Open Source Intelligence), ossia tutte quelle informazioni in rete, disponibili al pubblico, che possono essere utilizzate senza violare la privacy, ma che per essere analizzate, interpretate e recuperate nella giusta maniera necessitano di professionisti nel settore, in grado di gestirle con strumenti di analisi e software, per farle confluire in un quadro d’insieme di alta significatività investigativa.

Grazie alla raccolta di prove significative è possibile chiedere anche un risarcimento danni, e se non fosse possibile quantificare l’entità del danno subito, si può chiedere un risarcimento in via equitativa, ossia  affidandosi al giudice che stabilirà la cifra più opportuna dopo avere analizzato la situazione nei dettagli.


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